Lo spazio riadattato di un capannone industriale viene concepito come una piazza coperta, in cui si può circolare, sostare, socializzare, ma anche separarsi dagli altri ospiti, rilassarsi e degustare cibi e bevande. Un luogo di incontro e di comunicazione, di relazioni.
Alle due testate del locale la zona bar e la zona ristorante si contrappongono, fungendo da fuochi visivi fortemente caratterizzati dell’intero spazio: il bar viene costruito intorno ad una doppia quinta di marmo nero di marquinia lucidato, mentre la parete di fondo del ristorante è rivestita in marmo bianco venato di Carrara.
Le funzioni bar e ristorante, vengono svolte su due monumentali banconi in mogano, preziosamente disegnati con forme agili e dinamiche: un luogo davvero non comune, una basilica laica in cui la preparazione del cibo e delle bevande diventa un rito a cui assistere in un clima rilassato e conviviale.
Per tre week-end successivi 3 aree produttive dismesse da anni sono state riaperte al pubblico registrando un altissimo livello di partecipazione (oltre diecimila visitatori in soli sei giorni).
Il programma prevedeva visite guidate da ex lavoratori delle attività dismesse e ricordo ancora la commozione evidente di molti di loro ormai anziani quando spiegavano ai visitatori il lavoro che avevano fatto per una parte consistente della loro vita.
Entro ciascuno dei tre luoghi sono stati organizzati allestimenti in cui venivano offerti spunti di riflessione sul fenomeno del ‘declino urbano’ – Shrinkage come lo definiscono nei paesi anglofoni. Si potevano consultare banche dati sull’ entità delle dismissioni, vedere filmati con esempi di soluzioni adottate per contrastare il fenomeno dello ‘svuotamento’ in altri centri urbani e altri video che parlavano delle nuove frontiere tecnologiche e delle nuove forme di lavoro e di organizzazione.
In posizione centrale era allestito il “Ristorante mondo”, rappresentazione sintetica e simbolica di un tavolo imbandito, intorno al quale erano invitati a sedersi i vari comparti produttivi, sociali, culturali ed economici per condividere con le Istituzioni e i cittadini tutti, la responsabilità di riorganizzare il territorio.
Allestimento della mostra “Deserto. Aspetti della condizione umana attraverso l’arte” nella Chiesa di Sant’Agostino a Bergamo.
Progetto di interior design della casa costruita nel 1937-1939 sulle Mura veneziane. Abitazione/atelier del pittore Giorgio Oprandi.
Nella casa ristrutturata sotto le mura costruite nel 1500 dai dominatori veneziani a difesa della città di Bergamo la luce zenitale che entra dal grande taglio sul tetto illumina, come fosse un altare, lo “ ziggurat” in cemento armato che contiene e separa alcune funzioni del grande soggiorno .
Allestimento a costo “0”: i tavoli nascono alla Scuola Edile assemblando le assi da cantiere e ci tornano dopo la mostra per essere disassemblati.
La complessità urbana si comunica “amichevolmente”.
http://www.mariolaperetti.it/portfolios/bergamo-futura/
Il soggiorno a doppia altezza è una “piazza”dove si svolge la parte pubblica e rappresentativa della vita familiare: il rivestimento in marmo di Carrara lucido usato per il pavimento, continua sulle pareti che sono inclinate e definiscono uno spazio fluido e continuo, all’interno del quale vengono messi in scena i riti della vita domestica.
Tutt’ intorno, spazi più minuti ed intimi, accolgono le funzioni private della vita di casa.
Una parete inclinata lunga 30 metri attraversa l’abitazione come una grande spina dorsale, conferendo alla stessa una dimensione monumentale.
In questo caso è una pietra locale nera, l’ardesia, tagliata in lastre con superficie a spacco, a rivestire interamente la “scena” della vita domestica, alla cui teatralizzazione un po’ magica, contribuisce anche l’ illuminazione zenitale proveniente dagli oblò ricavati nel soffitto.
Il territorio “in scena”.
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